Il Cane
Io lo so che verrò accusato di vittimismo. Lo so, che chi mi legge penserà che questo non è altro che il solito rantolo di un uomo del sud. Che invece di lavorare, perde tempo a lamentarsi su quanto sia ingiusto il mondo.
Magari c’hanno pure ragione.
E quindi niente, sono dentro il Fine Wines & Good Spirits al 4065 di Butler Street, Pittsburgh, PA, USA a guardare da 10 minuti, come un cretino, una bottiglia di Primitivo di Manduria. I pugni chiusi. Incazzato.
Penso a come sia possibile che un vino che è riuscito a lasciare la terra rossa e il profumo di timo per venire in questa realtà post-industriale non venga sfruttato dal mio paese per creare economia.
Si, perché a Manduria, la mia città, le iniziative inerenti al vino e al turismo enogastronimico sono interamente lasciate ai singoli privati. I quali, in anni di duro lavoro, sono riusciti a rompere i pregiudizi “sul vino del sud” per costruirne un successo commerciale internazionale.
Quindi uno si aspetterebbe che Manduria, l’epicentro della denominazione, fosse un crocevia di visite ai vigneti, di strutture alberghiere, di musei (eh già, perché oltre al vino ci sono anche 10 km di spiagge bianche e l’area archeologica più vasta del salento).
E invece sotto le mura crescono erbacce,
tra i granelli spuntano i tappi,
e per le strade si sente la discarica.
È facile prendersela con i miei concittadini. Prendermela con la loro piccola e ottusa visione del mondo. Con la loro totale incapacità di costruirsi un futuro, col loro lassismo la loro inciviltà.
Facile, si. MA. Quando sento all’estero che un lavoratore mediocre pagato 100'000 euro all’anno per 5-6 ore di lavoro al giorno viene a dirmi che noi del sud Italia non lavoriamo, mi incazzo.
Mi incazzo perché non è giusto, e non è giusto perché loro quelle facce scottate dal sole, piene di solchi, le mani callose di gente che ha lavorato la terra, che oggi lavora nei supermercati per 300 euro al mese 8-10-12 ore al giorno non le hanno mai viste.
Non è vero che i Manduriani non sono lavoratori, non è vero che stanno seduti tutto il giorno sulla pancia. La verità è che i Manduriani sono il risultato di centinaia (forse migliaia) di anni di sfruttamento latifondista.
I Manduriani sono il popolo dell’agorà. Sono il popolo della piazza che si reca in centro per trovare il lavoro alla giornata. Sono lo scoglio duro Verghiano forgiato da millenni di acqua salata a pensare che il mondo è questo. Che questo è il loro destino.
Chi non ha vissuto li, non può capire.
La pressione sociale, la mentalità dilagante del “non c’è lavoro” del “il governo non ci da il lavoro”. “Mamma voglio fare il test di medicina”, “si vai figlia mia”, un sorriso amaro stampato in volto. L’amaro di chi pensa che tanto andrà male perché “sti cosi no sso pi nui”. O ancora il “noi imprenditori del sud, soccombiamo agli imprenditori del nord, perché sono meglio e più organizzati, e quindi dobbiamo cedere e andare avanti”.
Queste sono frasi vissute, sentite con le mie orecchie, dette da persone reali, imprenditori, popolino, madri, padri.
Come si può spiegare tutto questo, quando qualunque discorso intorno alla questione meridionale viene ucciso dal razzismo sistemico e qualunquista nei confronti del sud.
Queste persone, senza saperlo, hanno sostituito l’aristocratico borbonico con il governo, con l’industria del nord. Convinti che il loro destino sia quello dell’agorà. Del contadino, delle mani sporche, la terra rossa e la verdura pronta a casa.
Penso a tutto questo, dopo gli eventi conseguenti alla morte di George Floyd negli Stati Uniti. Sono eventi che mi hanno profondamente scosso e fatto riflettere sul ruolo di un sistema di valori oppressivi nei confronti di certi gruppi sociali. E certamente non si può pensare che il nostro paese ne sia immune. Lo abbiamo visto molto bene negli ultimi anni. È proprio nella mia terra che uomini con un colore diverso e figli di un altro dio, vengono sfruttati e privati di diritti e dignità negli stessi campi in cui fummo sfruttati anche noi. Terroni.
La vittima che si fa carnefice.
Il manduriano non è fannullone, il sud non è fannullone, il sud è vittima di centinaia di anni di sfruttamento economico, fisico e mentale. Il sud è stato creato, forgiato ed usato da chi aveva il potere ed il privilegio di farlo. Il sud è popolino, contadino, casalingo, semplice.
Il Sud è oppressivo, umile, disfattista e vittimista.
Il sud è un cane.
Abbandonato dal padrone al ciglio dell’autostrada, in cerca di cibo e carezze dal primo camionista che passa.
Dimentico che un tempo era lupo.
Che poteva vivere per sé stesso, insieme agli altri lupi. Ormai schiavo di una genetica costruita per servire.
Penso a questo. A quello che manca. Al discorso dei discorsi sulla questione meridionale. Come si cambia la cultura di un popolo cosi ancestrale e radicata?
Cosa si deve insegnare a scuola? Nelle aziende? Nelle chiese? Nelle moschee?
Mi rivolgo a Bertrand Russell, a Popper. Non trovo risposte.
Cerco aiuto, a chiunque possa darcelo, perché in fondo, sono un contadino anch’io.